LA MIA ESPERIENZA TRA I BAKA
- Uliano Massimi
- 25 nov 2016
- Tempo di lettura: 8 min


Nel cuore della notte esco dalla tenda per l'ennesima volta ad urinare. La febbre che va e viene, l'insonnia, il forte mal di testa, un senso generale di malessere: e' la malaria. Devo avvisare subito Norbert, la guida Baka, e prendere le prime 4 compresse di Coartem sperando che le alte temperature a cui e' stato sottoposto in questi mesi non lo abbiano reso inefficace. Non e' certo questo il luogo migliore per scoprire di avere la malaria. Domattina dovremo camminare per circa 5 ore attraverso la foresta fino al villaggio di Kilimba, e cercare una moto che possa condurmi all'ospedale di Moloundou lungo una pista, a tratti sconnessa, di circa 25 km. Ma dove sono e come sono finito qua'? Tutto comincia a Moloundou un giorno di fine marzo. Moulondou e' un grosso villaggio sulle rive del fiume Ndongo che costituisce il confine naturale con il Congo-Brazzaville. Una serie di eventi fortuiti mi permettono di conoscere Mohammed, un giovane che si occupa della coltivazione degli alberi di cacao per conto del padre. Sara' lui la "chiave" che cercavo per entrare in contatto con i Baka della foresta. Con la sua moto percorriamo una pista di 18 km fino al villaggio Baka di Norbert detto il Delegato. Sara' lui la mia guida nella foresta. Secondo il racconto del padre dovrebbero esserci alcuni nuclei familiari che vivono nella foresta di Nki. Ma per esserne certi dovremo percorrere altri 7 km fino al villaggio di Kilimba. Comincia cosi' la mia esperienza tra i Baka. Ritornati a Moloundou nel pomeriggio, mi organizzero' con l'aiuto di Mohammed per l'acquisto dei viveri, delle sigarette che i Baka cosi' tanto amano, e per tutta la logistica. La mattina del 26 marzo partiamo io e Mohammed verso il villaggio di Norbert. Attraversiamo all'alba il fiume Boumba su una piroga ed in breve tempo arriviamo a casa di Norbert da dove ripartiamo verso Kilimba. Gaston ci sta gia' aspettando. Sara' il mio portatore oltre che la persona che conosce il luogo esatto dove i Baka vivono. Periodicamente le famiglie Baka che vivono nella foresta di Nki fanno ritorno al villaggio soprattutto durante il periodo della raccolta del cacao in modo da guadagnarsi del denaro oltre che prendersi cura dei prodotti agricoli da loro coltivati. Lasciato il villaggio di Kilimba attraversiamo dapprima alcune piccole piantagioni di cacao e di una specie di banana che si cuoce ( plantain in francese ) per poi entrare improvvisamente nella foresta pluviale. A causa dei pesanti carichi siamo costretti a periodiche soste al cospetto di piante ciclopiche. Legate al loro destino centinaia di metri di liane di diverse specie li circondano o ne discendono utilizzandole come supporto. La visibilita' e' praticamente nulla a causa del fitto fogliame che circonda lo stretto sentiero. Dopo circa 5 ore udiamo le prime voci di bambini provenire da un vicino corso d'acqua che non riusciremo a raggiungere causa la fitta vegetazione. Oramai il villaggio e' a portata di voce ed in breve ne distinguiamo le mungulu. Le mungulu sono le abitazioni tipiche dei Baka costruite con rami e foglie.
Ci viene incontro Benjamin, il capo villaggio, che conosce bene i Baka che sono con me. Sono arrivati qui ieri e le donne stanno ultimando la costruzione delle loro abitazioni. Esse stanno incidendo gli steli di alcune grandi foglie che poi incastreranno sull'intelaiatura di rami e che ne costituira' il tetto. Al di sopra quindi verranno posizionati dei rami con le foglie verdi, foglie secche e tutto quello che raccolgono a seguito della pulizia del terreno; a lato altri rami, dei tronchi secchi e infine attorno alla casa oramai finita una serie di stringhe vegetali per tenere salda la struttura. Nel frattempo Norbert e Gaston preparano il posto per la mia mungulu di nylon, ed il posto per il nostro focolare. In breve tempo costruiranno anche due panche di legno. Una delle donne piu' anziane rientra dalla pesca accompagnata dai bambini del piccolo accampamento. Hanno catturato parecchi gamberetti, granchi e pesciolini per la cena. Noi metteremo le plantain e le arachidi con le quali prepareranno la salsa. Anche gli uomini nel frattempo ritornano dalla foresta purtroppo a mani vuote. Le trappole sono tutte vuote. Mentre le donne si mettono ai fornelli gli uomini si godono le sigarette. Tutto il cibo viene suddiviso equamente tra le famiglie. Ogni mungulu ha il suo proprio focolare domestico. La moglie di Benjamin pressa nel mortaio dei peperoncini che poi associa a del sale. Il tutto viene mescolato a parte del pesce pescato che nel frattempo era stato avviluppato dentro a delle grandi foglie e messo sulle braci ardenti. Servira' per la colazione dell'indomani. Quando la notte piomba sulla foresta solo i fuochi riescono a perforare un poco il buio. Dopo cena ascolto volentieri i loro discorsi in una lingua molto musicale piena di strane espressioni di meraviglia: iiiiiiihhhhh, oooooohhh, uuuuuhhhh, con il sottofondo mai monotono della foresta. Questa volta a rischiarare le sagome delle loro capanne sara' il fuoco di pezzi di resina che vengono raccolte nella foresta, resina simile all'ambra. A notte inoltrata ognuno procedera' nella rispettiva mungulu per il meritato riposo notturno.

La mattina comincia presto. All'alba le donne spaccano la legna sbattendo i grossi tronchi secchi in terra. Tutti si riuniscono attorno ai fuochi per riscaldarsi dalle fresche notti della selva. La colazione e' una fotocopia della cena della sera precedente. Oggi andremo nella foresta a posizionare le trappole e a cercare il cibo per il piccolo villaggio: igname e pesce fresco. Benjamin ed i bambini resteranno a sorvegliare l'accampamento. Camminiamo per circa 45 minuti attraverso sentieri secondari aperti ieri da loro stessi. Le trappole consistono in laccetti di acciaio che vengono posizionati lungo i sentieri che i piccoli mammiferi seguono nella foresta. Si scava una piccola buca profonda 10 cm, la si chiude nell'estremita' superiore con delle cortecce sulle quali viene depositato del terriccio che nasconde il laccio. Questo viene tensionato grazie ad un ramo ricurvo. Nel frattempo le donne hanno cominciato i lavori di scavo per raccogliere l'igname. Si tratta di una pianta rampicante che produce una grande quantita' di tuberi i quali nel passato costituivano la base dell'alimentazione di questo popolo. Oggi i Baka variano l'alimentazione alternando all'igname riso, farina di manioca e plantain. Con l'aiuto del machete per scavare e delle mani per estrarre la terra, la buca viene approfondita fino a raggiungere la profondita' di 1 metro e altrettanto di ampiezza. Si cominciano a raccogliere i frutti della fatica, cosi' abbondanti da riempire le grosse ceste di vimini.
Nella tarda mattinata ci spostiamo al corso d'acqua a pescare. Dapprima vengono create due dighe di tronchi e fango lungo un tratto del rivolo d'acqua. Poi si cominciano ad arrotolare delle grandi foglie per formare delle palette. Con mio grande stupore due delle donne cominciano a gettare fuori l'acqua dal tratto di fiume bloccato dalle dighe in modo da lasciare piano piano i pesci senza acqua. Sara' un lavoro lungo e certosino ma alla fine della giornata avremo riempito un grosso secchio di gamberetti, granchi e piccoli pesci. Uno degli uomini si attarda a cercare dei funghi commestibili. In fila indiana ritorniamo all'accampamento. La prima cosa che mi salta agli occhi e' la mia tenda completamente invasa da grosse mosche nere forse attirate dal colore arancione del telo di nylon. Molte di loro si stanno accoppiando. Solo la mattina successiva scopro che nei vari interstizi le mosche hanno depositato migliaia di uova che cominciano gia' a rivelare il loro contenuto. Le donne cominciano a prodigarsi per preparare la cena che oggi sara' abbondante; gli uomini si godono intanto le sigarette. Ma anche le donne Baka non disdegnano il tabacco. Il giorno si spegne lentamente ed il rituale sara' lo stesso della sera precedente. Oggi mi sentivo particolarmente stanco ed avevo un leggero mal di testa ma ora tutto e' passato e mi sento di nuovo bene. Oramai ho trascorso quasi tre mesi in Camerun e la mia preoccupazione maggiore resta sempre la malaria ma fortunatamente e' stato un falso allarme. Domattina ci trasferiremo presso un altro gruppo familiare poco lontano da qui. Dopo colazione smontiamo il campo e dopo i saluti di rito ci incamminiamo verso l'altro accampamento. Dopo un'ora circa vediamo in lontananza del fumo sollevarsi da un gruppo di 8 mungulu situate al cospetto di alberi colossali.

Daniel, il capo villaggio, ci accoglie festosamente. L'accampamento e' pieno di donne e bambini stupite del nostro arrivo ma soprattutto della mia presenza. Anche loro sono arrivati qui ieri, costretti al trasferimento a causa del bracconaggio sempre piu' diffuso che ha reso le prede sempre piu' scarse. Domani posizioneranno le trappole e se anche qui le prede saranno poche dovranno ritornare al villaggio. Norbert e Gaston si prodigano nel creare lo spazio per la mia mungulu e per costruire le due panche di legno. Nel frattempo lo zaino, madido di sudore, e' stato completamente avvolto da nubi di insetti. Ma ben presto anche noi come lo zaino saremo avvolti da piccoli imenotteri ed api che a volte colpiscono dolorosamente. E questo tormento durera' tutto il giorno. Solo nella foresta apparentemente gli insetti ci lasciano in pace. Un cefalofo grigio e' caduto in trappola, ne sentiamo le grida, e subito andiamo a recuperarlo.Tutti sono contenti di mangiare della buona carne. Viene subito messo al fuoco per toglierne il pelo, sezionato e subito cotto. Nella tarda mattinata entriamo nella foresta per raccogliere le mandorle selvatiche con le quali si preparera' la salsa.

Dei noccioli vengono raccolti in terra, sotto grandi alberi, ne vengono fatti dei mucchietti sparsi qua' e la'. Poi come dei scalpellini ci si siede e con l'aiuto del machete si comincia l'apertura delle noci. Al suo interno un frutto oleoso simile alla mandorla che verra' tostata, pestata nel mortaio e cotta. Nel pomeriggio alcune donne fanno ritorno al villaggio con dell'igname e dei funghi biancastri. Un altro cefalofo grigio viene preso in trappola in un altra zona. Rimarra' in bella vista, appeso come un vestito, ad un grosso palo dietro alle mungulu. Un bambino sta completando la costruzione di una chitarra tradizionale utilizzando come cassa di risonanza una grossa bottiglia di plastica. La corda sara' il cavo di acciaio di una delle trappole. Stimolati dalla musica che ne fuoriesce due bambini di circa 2 anni ballano allegramente. Nel tardo pomeriggio un uomo e dei giovani scesi a Kilimba a prendere le plantain nei loro campi ritornano al campo. Hanno con loro alcune parti di scimmia catturata nella mattinata da Papa, un uomo del villaggio di Benjamin. Mentre le donne procedono nei preparativi della cena, i bambini giocano in uno spiazzo davanti alle mungulu e gli uomini si siedono per commentare le ultime notizie provenienti dal villaggio. Tutti hanno la sigaretta in bocca a parte i bambini. Mentre aspettiamo la cena decido di preparare un po' di te' per tutti. Uno degli uomini ha catturato ieri una tartaruga terricola e me la vuole mostrare. E' piuttosto grande. Decide di cucinarla la sera stessa per farmi piacere. Verra' arsa viva. Le tartarughe sono generalmente offerte a personalita' importanti, di alto rango. E' una forma di rispetto verso la persona alla quale viene donata. Nonostante l'abbondanza di cibo che mangeremo la sera, non ho molto appetito e non mi sento proprio bene. Il battito carsdiaco e' accellerato e forse ho la febbre. Ma potrebbe essere anche lo stress di questi giorni. Cala la notte sull'accampamento, una notte calma e piena di suoni. Assieme organizziamo la giornata di domani. Andremo tutti nella foresta, raccoglieremo l'igname, cattureremo forse delle prede selvatiche e mangeremo tutti assieme nella selva. Ma il destino per me ha riservato un programma diverso, un programma inaspettato e triste.
Aprile 2014, Congo

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