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LA STRADA DEI NINJAS

  • Immagine del redattore: Uliano Massimi
    Uliano Massimi
  • 27 nov 2016
  • Tempo di lettura: 5 min

Brazzaville, una mattina di aprile.


Alle 06.20 raggiungo il luogo da dove dovrebbero partire gli autobus per Dolisie e Pointe Noire. Un ragazzo mi accompagna verso il primo mezzo in partenza, un pick-up, che come consuetudine verra’ stracaricato di uomini e cose. Conscio di quello che significherebbe viaggiare per oltre 350 km stipato nell’abitacolo o pressato nel cassone tra uomini e bagagli rifiuto l’offerta sperando in qualcosa di piu’ allettante. Nessun autobus in partenza. Al suo posto un camion con ampio cassone partira’ non appena tutti i posti verranno venduti. Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, ( da non confondere con la Repubblica Democratica del Congo con capitale Kinshasa ) e’ collegata a Dolisie e Pointe Noire con un treno tre volte la settimana. Ma spesso, per trovare un posto a sedere, occorre prenotare una settimana prima. La regione del Pool ( in francese Poule ) che dovro’ attraversare durante il tragitto fino a Dolisie e’ stata interessata negli anni passati dai “ Ninjas “, dei ribelli vestiti di nero che assaltavano tutti i mezzi che transitavano sul loro territorio compreso tra Brazzaville e Madingou. Fortunatamente due anni fa e’ stato siglato un accordo di pace tra il capo dei ribelli e il governo centrale. Mentre il camion viene lentamente caricato dei bagagli mi aggiro tra i viaggiatori chiedendo rassicurazioni sul territorio che ci accingiamo ad attraversare. Mi torna allora in mente un passaggio che avevo letto sulla guida della Bradt scritta nel 2011 prima quindi dell’accordo di pace. L’autore scriveva “ ….. viaggiare attraverso il Congo-Brazzaville e’ abbastanza semplice tranne che nella regione del Poule controllata dai Ninjas dove sara’ molto difficile proteggere il trasporto in qualsiasi modo. Anche se fosse possibile, lo sconsiglio vivamente: una fermata lungo la strada e la voce che un bianco stia viaggiando si propaghera’ velocemente e allora un attacco sara’ molto probabile”. Il viaggio in treno sarebbe un po’ piu’ sicuro ma il tempo a mia disposizione sta per scadere. Pero’ la frase che piu’ mi inquieta arriva subito dopo: ”I Ninjas molto probabilmente uccideranno te, il tuo autista e tutti quelli che viaggeranno con te.”. Per raggiungere Libreville in Gabon e tornare a casa devo assolutamente arrivare a Dolisie da dove una strada si diparte verso nord, verso il confine con il Gabon. Il camion invece raggiungera’ Pointe Noire, carichera’ le merci al porto e alcuni passeggeri prima di far ritorno nella capitale. Il mezzo e’ adibito al solo trasporto delle merci e pertanto durante il tragitto sara’ costretto ad elargire mazzette ad ogni posto di blocco o controllo da parte delle forze dell’ordine. Nessuna assicurazione lo coprirebbe in caso di incidente. Partiamo verso le 09.30. In fondo al cassone subito dietro la cabina prendono posto tutti i bagagli. Su un lato e nel centro siedono le donne e i bambini, mentre gli uomini ed i ragazzi stanno in piedi tutt’attorno reggendosi alla meno peggio alle sponde. In tutto dovremmo essere una quarantina di passeggeri. Superato il controllo della polizia procediamo spediti lungo la strada. Il militare seduto in cabina consiglia all’autista di non fermarsi al successivo alt della gendarmeria; a volte i gendarmi lasciano correre ma questa volta la mazzetta da incassare e’ piuttosto remunerativa e cosi’ ci inseguono. All’autista verranno sequestrati i documenti ed invitato a raggiungere il comando. Aspettiamo 90 minuti sotto un sole implacabile. La gendarmeria gli intimava di pagare CFA 72.000 ( circa 115 Euro ) ma dopo estenuanti trattative ne paghera’ soltanto CFA 24.000. Dopo 70 km l’asfalto finisce e cominciano gli scossoni. La strada nazionale e’ in costruzione e fra qualche anno le merci potranno finalmente viaggiare piu’ velocemente. Tre ragazzi cantano tenendo alto il morale dei viaggiatori. Alcuni bambini dormono, altri giocano o mangiano. Il camion sfila davanti la chiesa e la scuola fondata dal capo dei ribelli “Ninja”, un pastore protestante. Nonostante la pace sia stata siglata due anni fa esistono episodi di banditismo, soprattutto la notte. Nelle ore notturne nessun veicolo dovrebbe circolare sul loro territorio. Durante la rivolta nessun militare, poliziotto o gendarme in divisa poteva transitare di qua’ causa la sua morte immediata. E tutti quelli che vi transitavano erano soggetti a rapine e le donne allo stupro. I bianchi erano facile bersaglio. Venivano lasciati in mutande se gli andava bene. Mano a mano che proseguiamo lungo la strada i racconti dei miei compagni di viaggio fanno precipitare le mie fragili sicurezze. Alle 15,00 raggiungiamo il posto di controllo di Mindouli. In fondo al cassone i ragazzi, neri come l’ebano alla partenza, sembrano essere passati attraverso la macchina del tempo: i loro capelli bianchi gli danno una sembianza da anziani. Guardandoli meglio pero’ noto che sono completamente ricoperti di polvere bianca. E mano a mano che si procede verso la cabina la polvere depositata sui corpi decresce in modo inversamente proporzionale. A Mindouli il militare seduto in cabina scende. L’esercito e la gendarmeria pattugliano il territorio e proteggono il villaggio. Due laghetti artificiali ricoperti di ninfee e pieni di pesci danno a questo sperduto villaggio una parvenza di normalita’. Dopo il controllo passaporti riprendiamo il cammino. Ora occupo un posto in cabina e di fianco a me siede Armand, un poliziotto a capo della “Operazione Kimia “, che ha lo scopo di arrestare i fenomeni di banditismo locale. “La verita’ e’ che fra Mindouli e Mangoula e’ tuttora pericoloso; di notte le probabilita’ di un attacco salgono al 90%, ed un camion pieno di persone e mercanzie e’ molto allettante” mi confida Armand. La velocita’ ridotta dovuta alle condizioni della pista renderebbero l’assalto un gioco da ragazzi e le continue deviazioni ci avvicinano inesorabilmente alla notte. Armand e’ inquieto, io pure. Quando il poliziotto dice all’autista di tirare diritto lungo la strada in costruzione nonostante i divieti capisco che le sue paure non sono infondate. E’ quasi buio quando raggiungiamo la barriera della gendarmeria nel distretto di Mangoula. Pian piano il cuore ricomincia a battere. Armand e’ arrivato a destinazione. Il controllo dei passaporti ci permette di sgranchire le gambe e di liberare le vesciche. Subito dopo continuiamo verso Loutete. La zona pericolosa dovrebbe essere alle spalle. Nessuno si lamenta nonostante molti di noi non hanno quasi toccato cibo a parte qualche ghiacciolo e qualche arancia. Quando arriviamo a Loutete siamo sfiniti. Purtroppo Gildas, il responsabile del veicolo, dice di aver dimenticato i documenti a Mindouli e quindi saremo costretti a trascorrere la notte in questo villaggio nonostante le pressioni dei viaggiatori che invece vorrebbero proseguire. La gendarmeria li consegnera’ al primo autista in partenza domattina. La versione di Gildas fa acqua da tutte le parti. In questo villaggio vivono i suoi genitori, lui e’ stanco, l’autista pure e forse viaggiare di notte gli fa ancora paura. Mentre io dormiro’ in una pensione i miei compagni di viaggio si sdraieranno sul telone del camion steso a terra. La mattina Gildas mi sveglia alle 08.00. “Preparati, partiremo tra poco “ mi dice. Geeslain, il titolare della pensione, mi accompagna nel centro del villaggio. Loutete si trova sul percorso del treno che collega Brazzaville a Pointe Noire. Geeslain mi racconta delle incursioni dei “Ninjas” nel villaggio, delle razzie e delle sofferenze inflitte alle popolazioni di questo vasto territorio. Gildas e’ sparito. Il tempo passa. I viaggiatori sono esasperati e finiscono anche per litigare fra loro. Alle 11.30 finalmente l’autista e Gildas ricompaiono come d’incanto. Ritorno nel cassone perche’ voglio vivere il viaggio come gli altri ed anche per lasciare il posto ad una ragazza che ieri era stata respinta malamente per permettere al sottoscritto di occupare il posto in cabina. La pista e’ sempre nelle stesse condizioni. A tratti piove ed allora viene steso il telone impermeabile che ci permette di ripararci dall’acqua ma ci soffoca. Aggrappato con una mano alla sponda del cassone cerco con l’altra di tenere alto il telone per respirare. Sinceramente preferisco la pioggia. Poco dopo ci fermiamo per ripiegare il telo. Nel pomeriggio un problema meccanico ci costringe ad una sosta forzata di oltre un’ora. A tarda sera, verso le 19.00, arriviamo a Dolisie. Mi ci vorranno altri due giorni per raggiungere Ndende’, la prima citta’ di una certa importanza in Gabon dapprima su un pick-up scassato, poi su un grosso fuoristrada.


Aprile 2014


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